
Di questi periodi in molte case di lucani, continuando una tradizione tramandata da generazioni, si usa fare la salsa o i pomodori pelati utilizzando un prodotto fresco. Cantine, soffitte, garage, sottoscala ogni posto è buono per lavorare il prodotto e fare le provviste che serviranno per un anno intero, in molti fanno scorte anche di ortaggi vari, soprattutto peperoni e melanzane che a seconda delle varie località vengono conservati in vario modo. Anche nel capoluogo di regione queste pratiche della tradizione lucana sono tenute vive in molte famiglie ed in città proliferano i punti vendita di frutta ed ortaggi che si affiancano alle tradizionali rivendite, la stragrande maggioranza dei punti vendita sono regolarmente autorizzati ma c’è lo zoccolo duro degli ambulanti abusivi che in barba alle numerose multe ricevute dalla Polizia Locale e dalla Guardia di Finanza continuano imperterriti a stazionare nei punti strategici della città.
Alla luce delle notizie di stampa provenienti dalla Campania a seguito delle rivelazioni di un pentito di camorra si consiglia di prestare molta attenzione prima di comprare pomodori o prodotti agricoli senza conoscerne la provenienza.
Ma cosa ha detto di tanto sconvolgente il pentito di camorra Schiavone? Ha rivelato che le organizzazioni criminali campane che gestiscono il traffico illecito di rifiuti speciali hanno seppellito nei campi coltivati migliaia di tonnellate di porcherie d’ogni genere, questo crimine unito alla pratica in essere da quelle parti di dar fuoco ai rifiuti urbani producendo diossina che si deposita sui campi, ha determinato una emergenza sanitaria che solo oggi viene a galla sui media nazionali.
Sconvolgenti le rivelazioni del prof. Antonio Giordano ordinario di anatomia patologica all’università di Siena e direttore dello Sbarro Insititue for cancer resarch, che rivela un numero spropositato di mutazioni, trasmissibili geneticamente negli animali, nelle piante e negli uomini, ceppi genetici pericolosissimi. Ancora più inquietanti le parole del prof. Antonio Marfella oncologo presso l’istituto tumori Pascale di Napoli quando afferma “abbiamo ormai con certezza il dato che oltre un terzo delle donne in Campania si ammala di cancro della mammella prima della età dello screening, e cioè prima dei 40 anni.”
Non è un mistero che la zona di provenienza di molti prodotti agricoli è proprio quella di cui parlano le cronache, si pensi ai famosi pomodori San Marzano, che non solo vengono trasformati per essere vendute in tutti i supermercati d’Italia ma vengono lavorati da tante massaie lucane che non hanno percezione del potenziale pericolo.
E’ giunta l’ora, una volte per tutte, che forze dell’ordine ed autorità sanitarie legalizzino una situazione non più sopportabile a Potenza dove decine di commercianti abusivi vendono prodotti di dubbia provenienza violando leggi e normative di natura fiscale e sanitaria.
Non si possono ignorare così clamorosamente leggi e direttive europee, a cominciare dalla Direttiva CE 2000/13 recepita dall’Italia con D.lgs 1090del 1992, che obbligano coloro che vendono prodotti agroalimentari a certificare ed esporre al pubblico la località di provenienza dei prodotti posti in vendita e che riguarda, in modo generale, l’etichettatura dei prodotti alimentari.
Per verificare com’è la situazione in città ci siamo fatti un ampio giro per le strade potentine ed oltre ad aver contato, un mercoledì mattina, 25 automezzi di abusivi dislocati in vari punti della città impegnati a vendere prodotti ortofrutticoli, siamo passati a verificare se i punti vendita stagionali autorizzati (alcune baracche sono state posizionate in punti strategici hanno venduto finora meloni ed angurie, ora espongono pomodori, melanzane e peperoni, ad ottobre passeranno a vendere uva da vino), siamo passati dai mercatini rionali, abbiamo visitato il banco dell’ortofrutta della grande distribuzione.
Una estemporanea indagine che disegna una mappa di diffusa illegalità e di mancato rispetto delle leggi. Ovviamente nessuna indicazione di provenienza dei prodotti sui mezzi degli abusivi salvo apposizione di grandi cartelli per attirare l’attenzione dei clienti che indicano la provenienza dei prodotti, in molti casi è evidentissima la truffa, è improbabile che il venditore dallo spiccato accento campano o pugliese possa vendere le percoche di Sant’Arcangelo o le melanzane di Rotonda ma da chi fa dell’illegalità la ragione della propria attività non ci si può aspettare di più
Quasi nessuna delle rivendite stagionali espone oltre al prezzo il luogo d’origine della merce esposta, abbiamo chiesto a qualcuno di loro la provenienza dei pomodori ed abbiamo appreso che nella stragrande maggioranza dei casi provengono da Palazzo San Gervasio, ci dobbiamo fidare?
A macchia di leopardo la situazione nei punti vendita a posto fisso, la maggior parte della merce esposta contiene l’indicazione della provenienza, qualcuno indica genericamente “Italia”, pochi indicano la regione quindi, per quanto concerne il pericolo derivante dall’acquisto di prodotti provenienti da regioni ritenute potenzialmente “pericolose” è concreto. Nei supermercati c’è più professionalità, non in tutti, ma più o meno si rispetta la legge.
Ovviamente non basta semplicemente scrivere su un pezzo di carta da dove viene quel prodotto, occorre che le forze dell’ordine, a cominciare dalla Polizia Locale, effettuino controlli a tappeto per accertare dalla documentazione “ufficiale” quali prodotti arrivano sulle tavole dei potentini, anche le autorità sanitarie farebbero bene ad effettuare controlli a campione per accertare la qualità dei prodotti messi in vendita.
Dal settimanale free press Controsenso